wine setting #12
a cura di Laura Riolfatto
In uno dei miei preferiti giri di shopping in alto Adige, nelle Enoteche, mi sono imbattuta in questa bottiglia di metodo ancestrale FREISTIL che mi ha particolarmente incuriosita. Con l’oste abbiamo parlato un po' della Cantina produttrice, della loro filosofia familiare e subito mi sono innamorata di questo vino.
È’ uno spumante rifermentato in bottiglia da vinificazione naturale, un blend di vitigni PIWI: solaris, bronner e souvignier gris, di un bel giallo paglierino, mediamente velato e con una spuma persistente. Leggere note floreali, incanta per i profumi di frutta gialla matura, di mandarino, di cedro e di scorza di limone, oltre a sentori di erbe di montagna. Al palato è decisamente fresco e sapido con delle sensazioni leggermente piccanti, bello cremoso e avvolgente in bocca, è un vino beverino, nel senso di facile beva, piacevole e gustoso, perfetto per aperitivo con stuzzichini finger food oppure per insalate primaverili.
È un rifermentato che tramette i profumi della montagna e lo si percepisce bevendolo.
L'ho scelto per un semplice aperitivo a casa, accompagnato da una sfiziosa tempura di cavolo viola e gamberoni. La tempura è una tecnica di frittura giapponese, molto delicata, che riesce a mantenere le verdure e il pesce croccanti e non unti. Per la pastella ho usato acqua fredda e farina di riso, lavorata poco senza frusta e ho fritto il tutto in olio di semi di girasole. Buono il risultato, davvero deliziosi i bocconcini di gamberoni e di cavolo. Un abbinamento semplice e allegro come starter per la serata, mentre il vino, con la sua lieve aromaticità, l'acidità e la bella bollicina, ha chiuso il sodalizio in bellezza.
FREISTIL viene prodotto dalla Tenuta Gandberg che si trova a San Michele di Appiano in provincia di Bolzano, lungo la strada del vino, straordinario territorio con un clima e terreni favorevoli alla coltivazione della vigna e con risultati di altissimo livello.
Thomas Niedermayr, vulcanico imprenditore vinicolo, nel 2012 assume la completa gestione dell’azienda del padre Rudolf e pur continuando la filosofia familiare in coltivazione biologica da oltre 25 anni, punta a condurre una grande sfida, creare un’agricoltura di altissima qualità in completa armonia con la natura. Una visione se vogliamo pioneristica. La loro azienda ha un ciclo produttivo completo con orticoltura, frutticoltura, allevamento di bestiame e in primis viticoltura biologica. Ma non solo biologico, oggi anche completamente Naturale. Carta bianca quindi alla natura per l’intero processo di produzione del vino, dalla vigna alla purezza in cantina. Da qui nasce l’esigenza di coltivare i vitigni PIWI che consentono di rinunciare all’uso completo di mezzi chimici e artificiali, dall’altro consentono empatia, ossia lasciano alla natura lo spazio che le serve.
Ma cosa sono i vitigni PIWI.
L’acronimo PIWI deriva dalla lingua tedesca Pilzwiderstandsfähig, che significa viti resistenti ai funghi. I vitigni PIWI hanno un'elevata resistenza alle malattie fungine e quindi consentono una significativa riduzione dell'uso di pesticidi e di sostanze sintetiche nel vigneto, sono robusti, forti e rispetto alle piante di vite tradizionali resistono bene a organismi patogeni.
Le prime ricerche e i primi incroci di impollinazione artificiale sono stati fatti in Francia a fine ‘800 e poi si sono diffusi in Europa. L’obiettivo originario di queste ricerche era finalizzato a incrociare varietà di vite da vino europee con varietà di vite americane, trovando un equilibrio tra le due e cercando di combinare la resistenza delle varietà americane (pensiamo alla fillossera che ha devastato buona parte delle piante in europee) con la qualità organolettica dei vitigni europei.
Oggi esistono diverse varietà di vigneti PIWI, la ricerca è in continua crescita e la qualità dei vini prodotti sta dando ottimi risultati. Per alcuni produttori, tra cui Thomas Niedermayr, coltivare vitigni di questo tipo sta diventando una grande sfida perché significa essere ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibili.
Negli ultimi anni parecchie di queste varietà hanno superato i test organolettici e sono state iscritte al Registro Nazionale delle Varietà di Vite e quindi possono essere vinificate e commercializzate senza problemi, anche se al momento non possono essere utilizzate per i vini doc e docg. Al momento in Italia ci sono 34 varietà che sono state battezzate con nomi fantasiosi e a volte bizzarri.
I vitigni da cui deriva FREISTIL sono solaris, bronner e souvignier gris, è un vino completamente naturale con parecchia sperimentazione alla spalle e una buona dose di sostenibilità ambientale, sociale ed etica.
Consiglio di conoscere i vini di Thomas Niedermayr, ma soprattutto di andare in visita nella loro terra per capire fino in fondo la loro filosofia.
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